Home | Comunità Energetiche e Superbonus | Superbonus: Operazione Verità

Superbonus: Operazione Verità

SUPERBONUS 110%, LA VERITÀ DEI NUMERI CONTRO LA PROPAGANDA DEL CENTRODESTRA

Il Governo ha vietato alle Regioni di acquistare i crediti “incagliati” dalle banche, e quindi ha negato a imprese e cittadini la possibilità di utilizzare la cessione del credito e lo sconto in fattura. Lo ha fatto perché a suo dire “la cattiva programmazione del Governo precedente a quello di Draghi ha fatto sì che ci sia stata una crescita abnorme e insostenibile dei crediti fiscali che mettono in pericolo la stabilità della economia nazionale”

Una posizione assolutamente smentita dai numeri, e davanti a questa mistificazione non possiamo restare in silenzio.

VEDIAMO COSA DICONO I NUMERI

Il Superbonus è un’iniziativa che risale all’estate 2020 e prende piede nel quadro delle iniziative per risollevare l’Italia dopo la crisi generata dalla pandemia da Covid.

A differenza di altre agevolazioni i requisiti per accedere al Superbonus erano molto stringenti. Primo tra tutti il rispetto della totalità dei parametri urbanistici: un immobile con abusi o irregolarità non poteva beneficiare della misura. Questo inviolabile vincolo ha fatto sì che il Superbonus partisse lentamente, poiché  le imprese erano, giustamente, preoccupate che anche lievi difformità urbanistiche avrebbero potuto permettere all’Agenzia delle Entrate di revocare le agevolazioni.

A dicembre 2020 in Italia gli interventi agevolati in tutta Italia erano circa 1700 per 22 milioni di euro di crediti esigibili. La normativa venne quindi aggiornata e la scadenza estesa a dicembre 2021.

A febbraio 2021, cade il governo Conte e si insedia Mario Draghi, che da molti viene definito “l’uomo delle banche”.

A metà 2021 in Italia gli interventi agevolati in tutta Italia erano circa 35000 per 6 miliardi di euro di crediti esigibili in 10 anni.

In Abruzzo gli interventi agevolati erano 970 per 200 milioni di euro.

Nel 2021, però, inizia la lotta del Governo al Superbonus e la presunta volontà di renderlo una misura potenzialmente insostenibile: ci sono state 7 modifiche alla normativa, la più rilevante con il decreto “Semplificazioni-bis” mediante il quale il Governo Draghi ha sostituito il comma 13-ter dell’art. 119 del Decreto Rilancio, che allentava alcuni vincoli, partorendo la vera grande follia di questa misura: la CILAS e le deroghe all’art. 49 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

COSA SIGNIFICA?

Quello che ha reso il Superbonus una misura sostenibile e giusta, riferita a un’edilizia in regola e che guardasse all’ambiente era proprio il vincolo legato all’articolo l’art.49 del Testo Unico dell’Edilizia, che prevedeva l’impossibilità di godere di alcuna agevolazione fiscale per interventi realizzati su immobili che presentino difformità o abusi edilizi,  oltre alla decadenza dell’incentivo.

Introdurre la CILAS, inoltre, che non richiede la valutazione sullo stato legittimo, e la mancata decadenza dell’incentivo in caso di irregolarità, è stata la vera grande mossa del Governo Draghi che ha accelerato l’accesso indiscriminato al Superbonus, come dimostrano i dati statistici di ENEA.

A fine 2021 gli interventi agevolati in tutta Italia erano circa 95000 per 17 miliardi di euro di crediti esigibili in 10 anni. A metà 2022 gli interventi agevolati in tutta Italia erano circa 200.000 per 38 miliardi di euro di crediti esigibili in 10 anni

In Abruzzo, a fine 2021, erano agevolati 2500 per 600 milioni di euro. E nel 2022 sono lievitati a 5500 interventi agevolati  per 1.5 miliardi di euro.

Da allora, in pratica, è partito “l’assalto alla diligenza”.

Ad oggi 2023, gli interventi agevolati in tutta Italia sono circa 372.000 per 71 miliardi di euro di crediti esigibili in 10 anni.

In Abruzzo 10.000 per 2.4 miliardi di euro, sempre in dieci anni.

Nel solo 2022 si è passati da meno di 100mila interventi a quasi 400mila, ma per via del trucco per cui presentando la CILAS venivano scavalcati tutti i vincoli richiesti dal Testo Unico dell’Edilizia facendo in modo che un immobile con abusi fosse teoricamente sanzionabile, ma senza perdere il diritto agli incentivi.
Anche le frodi, di cui si è spesso parlato a sproposito, hanno riguardato meno del 3% dl totale di tutte le agevolazioni disposte nel campo dell’edilizia. Il Superbonus è stato pensato con precisi limiti di spesa per tipologia di intervento e per unità immobiliare. Tolta la “sveltina” del decreto Semplificazioni-bis che impediva la revoca delle agevolazioni in caso di irregolarità non dichiarate, è stata una norma trasparente e cristallina.

Tutta colpa di Conte? Assolutamente NO. Per queste modifiche bisogna chiedere spiegazioni al Governo Draghi prima e Meloni poi che hanno rimosso ogni forma di controllo e di limite agli incentivi.

MA I COSTI SONO DAVVERO INSOSTENIBILI PER LO STATO?

Tutti gli studi indipendenti concordano sul fatto che il costo reale per lo Stato è molto minore rispetto all’ammontare dei crediti fiscali, attestandosi a circa il 30% del totale del credito concesso. Oltretutto parliamo di un costo spalmato in dieci anni. Non è corretta la narrazione filogovernativa che continua a parlare di costo totale considerandolo come se fossero fondi erogati direttamente dallo Stato e non dalle banche sotto forma di anticipo di cassa garantito dai crediti fiscali.

Altrettanto scorretta è la narrazione secondo cui si vieta agli enti locali, cioè Regioni, Province e Comuni, di acquistare i crediti perché “costituiscono debito”. I crediti sono posti in compensazione con i debiti attraverso gli F24, è sostanzialmente un giroconto fiscale, neutro per le amministrazioni locali, a vantaggio di cittadini ed imprese. Il rappresentante di Eurostat, nella audizione alla camera del 14 febbraio 2023 ha riconosciuto che l’emissione e la successiva compensazione di crediti fiscali, per la Unione Europea non sono considerati “debito”. Questa notizia, tal quale e senza inutili fronzoli, è stata pubblicata su “Italia Oggi” che non è certamente un quotidiano politico.

Riportiamo testualmente: “Per Eurostat il Superbonus c.d. 110% non è debito pubblico. L’impatto è invece sul deficit e prescinde dalla classificazione del credito come pagabile o non pagabile, da cui deriva solo il collocamento temporale della spesa”.

Non a caso, il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, lo stesso giorno in cui depositavamo in Consiglio Regionale la nostra legge, scriveva in un suo comunicato stampa che:

La Regione Piemonte intende soccorrere il sistema della cessione dei crediti dei bonus edilizi acquistandone per 50 milioni l’anno da banche e intermediari finanziari, con l’obiettivo di dare un aiuto concreto a cittadini e imprese per continuare ad accedervi.

La misura è inserita nella proposta della Legge di Stabilità 2023, che dopo l’approvazione della Giunta regionale passa ora all’esame del Consiglio, dove verrà licenziata in via definitiva in primavera.

I bonus edilizi – evidenziano il presidente Alberto Cirio e l’assessore al Bilancio Andrea Tronzano – hanno visto una partecipazione numerosa proprio grazie alla possibilità di realizzare i lavori senza sovraesporsi economicamente attraverso la cessione del credito a banche e intermediari finanziari che anticipano gli importi necessari ai lavori. Oggi però la possibilità di usarli ha avuto un forte arresto, perché banche e intermediari hanno acquisito un numero molto elevato di crediti e non vengono più autorizzare nuove pratiche. Questo ha reso molto più difficile accedere ai bonus. Ritenendo però i bonus una misura utile sia per il settore dell’edilizia, sia per tutto il territorio dato che incentiva interventi di natura ecosostenibile, la Regione ha deciso di intervenire acquisendo parte di questi crediti


Il comunicato si conclude con “l’operazione per la Regione non avrà alcun costo: i crediti acquisiti andranno infatti a compensazione degli oneri fiscali con lo Stato“, e a scriverlo è una regione amministrata dal centrodestra.

E I GUADAGNI?

Il Superbonus è una misura che ha risollevato la nostra economia generando 900mila nuovi posti di lavoro e contribuendo alla crescita del PIL nel 2021 e 2022 per almeno il 20%. Quello che si tende continuamente a sottovalutare, inoltre, è il risparmio derivante dal efficientamento energetico.

I tre quarti del patrimonio edilizio italiano sono in classe energetica peggiore di D, quasi il 60% sono nelle classi F e G. In questo quadro anacronistico dell’efficienza energetica del nostro Paese dobbiamo fare i conti con un’Europa che va avanti guardando alla riduzione dei consumi e delle emissioni climalteranti.

E’ stata recentemente approvata in commissione europea la direttiva EPBD, cosiddetta “Green Building” in cui l’Europa richiede di raggiungere la Classe E entro il 2030. Uno dei passaggi più importanti della Direttiva è quello in cui si specifica che i piani nazionali di ristrutturazione dovrebbero includere regimi di sostegno con obiettivi realistici e misure per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti.

Gli Stati membri devono istituire punti di informazione gratuiti e programmi di ristrutturazione a costo zero. In particolare, bisognerebbe premiare le ristrutturazioni profonde, soprattutto quelle degli edifici con le prestazioni peggiori, mettendo a disposizione sovvenzioni e sussidi mirati a disposizione delle famiglie vulnerabili. Alla luce di queste tendenze risulta ancora più inaccettabile la strategia del Governo Meloni di voler andare nella direzione completamente opposta.